Lentamente
muore
chi diventa
schiavo dell'abitudine,
ripetendo
ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non
cambia la marcia,
chi non
rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non
parla a chi non conosce.
Muore
lentamente chi evita una passione,
chi
preferisce il nero su bianco
e i puntini
sulle "i"
piuttosto
che un insieme di emozioni,
proprio
quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che
fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che
fanno battere il cuore
davanti
all'errore e ai sentimenti.
Lentamente
muore
chi non
capovolge il tavolo,
chi è
infelice sul lavoro,
chi non
rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si
permette almeno una volta nella vita, di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente
muore chi non viaggia,
chi non
legge,
chi non
ascolta musica,
chi non
trova grazia in se stesso.
Muore
lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si
lascia aiutare
chi passa i
giorni a lamentarsi
della
propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente
muore
chi
abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa
domande sugli argomenti che non conosce,
chi non
risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la
morte a piccole dosi,
ricordando
sempre che essere vivo
richiede uno
sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto
l'ardente pazienza
porterà al
raggiungimento
di una
splendida felicità.
Martha
Medeiros
È proprio
necessario il cambiamento?
Abbiamo
detto che appartiene a tutti, presto o tardi nella vita, l’esperienza di un
periodo di crisi. Uno stato malessere, anche difficile da definire, che può prendere
varie forme e originare sia da qualcosa di esterno a noi, che ci capita tra
capo e collo (la fine di una relazione, la perdita del lavoro, un lutto e così
via), che da qualcosa di interno (pensieri e ragionamenti sulla vita che
conduciamo, insicurezze, ansie, ecc…). Non si tratta di nulla di patologico, anche
se porta con sé sofferenza e malessere, ma si tratta di fisiologici avvenimenti
dell’esistenza: prendono il nome di crisi esistenziali, appunto.
Ad ogni azione, una reazione uguale e
contraria - Il fatto è che è molto molto difficile che, qualora si tratti di
crisi di lunga durata e di grande portata, si risolva da sé, senza fare nulla,
come si può spontaneamente risolvere un periodo di crisi adolescenziale che si
vive proprio in funzione dell’età e che, quindi, crescendo, passerà (anche se
non sempre è ovvio nemmeno questo).Qualcosa
deve accadere, qualcosa si deve fare. Molto semplicemente, non si può pensare di ottenere una nuova vita continuando
a fare le stesse cose. E allora, o ci viene miracolosamente in aiuto la vita
stessa, inviandoci appunto un miracolo, o bisogna agire di propria
iniziativa. Così come, volendo cambiare lo stile di vita virando verso un comportamento più
salutare, è impensabile riuscire ad ottenere un fisico più sano e prestante
senza introdurre cambiamenti nell’alimentazione, nel consumo di alcool e
tabacco e nell’attività fisica, allo stesso modo è impensabile riuscire ad
ottenere una vita serena, soddisfacente e più aderente ai nostri valori
profondi se per esempio non si mettono in atto scelte a volte anche difficili o
se non si modifica il proprio atteggiamento verso gli avvenimenti. Sarebbe come aspettarsi di vedere ritornare indietro la pallina lanciata contro
un muro, in maniera diversa dalle volte precedenti, anche se la lanciamo sempre imprimendo la stessa
forza, dalla stessa distanza e dandole la stessa inclinazione.
La legittimazione a non intervenire
- Intendiamoci, dipende cosa si vuole ottenere: è chiaro che non è obbligatorio
voler ottenere qualcosa di diverso o di nuovo, è più che legittimo scegliere di
tenere tutto com’è, l’importante è che si sia consapevoli di alcuni aspetti della situazione:
1. il
malessere legato alla crisi non passerà, anzi, probabilmente aumenterà,
evolverà in qualcosa di peggio oppure ne verremo assuefatti e ci inventeremo
sempre più modi per zittirlo, benché lui continui a lavorare in profondità.
2. ci
stiamo deliberatamente privando della possibilità di vivere una vita “migliore”
nel senso di più aderente a noi stessi e ai nostri valori, una vita di cui
essere più felici e soddisfatti, e del gusto di percepire il senso profondo di un’esistenza
che per sua natura ci chiede di evolvere.
3. stiamo scegliendo di andare contro ad una legge naturale della vita, la quale, in tutte le sue forme, non contempla l’immobilità.
Il cambiamento consapevole - Se,
invece, dal pantano della crisi vogliamo uscire e vogliamo ridare un Senso
alla nostra quotidianità, l’unica azione fattibile e sensata è intraprendere un
percorso di cambiamento consapevole. Perché consapevole? Perché se avvenisse da
sé, senza che ce ne rendessimo conto, senza soffermarci a comprendere cosa è
avvenuto dentro di noi e senza aver partecipato attivamente alla creazione del
cambiamento stesso, rischieremmo di non imparare nulla e quindi di non riuscire
a riutilizzare gli stessi strumenti acquisiti in un’altra occasione, e ci
sembrerebbe qualcosa di regalato dall’alto come per magia, o di capitato per
fortuna, e di nuovo avremmo la sensazione di essere in balìa di qualcosa che non
possiamo controllare, mentre invece la responsabilità della riuscita è nostra.
Ecco quindi che il cambiamento si rende necessario se non vogliamo stare ad
aspettare il colpo di bacchetta magica che sistemerà tutto quello che non va ma che, verosimilmente, non arriverà mai. Se non nei cartoni animati della Disney.
“Mpfh…io me la sono cavata da solo!”
- Non credete a chi vi confida che ha vissuto un periodo di crisi ma che ora
sta bene, ora è tornato a fare la vita di prima e tutto è passato così come è
venuto. Le possibilità sono due: se la sta raccontando, non ha risolto nulla e
ha solo trovato un modo (temporaneo) per zittire il problema, oppure qualcosa è
davvero cambiato, ma allora è anche accaduto qualcosa, solo che la persona non
ne è consapevole. In questo secondo caso, in un certo senso le è andata bene,
evidentemente il sistema psicofisico di questa persona è riuscito da sé a riorganizzarsi
in una maniera nuova e funzionale e/o qualcosa di esterno è intervenuto a
modificare in maniera positiva delle circostanze, ma a mancare è tutto l’aspetto
fondamentale di assimilazione cosciente che fa davvero la differenza tra una
semplice riorganizzazione interna e un’evoluzione consapevole dell’individuo.
Medeiros M.,
Lentamente Muore, trad. italiana
reperibile in rete dell’originale A Morte
Devagar, pubblicato su Zero Hora del 1/11/2000